14 luglio 2008

The dark side of the moon - Pink Floyd



A cura di Giordi

Corre l'anno 1973 e la musica pop moderna ha già da qualche anno avviato il suo corso.
I Beatles avevano già dato prova che il genere pop non poteva limitarsi soltanto alla composizione di brani costituiti dal classico ritornello e da motivetti gradevoli, ma ad avere un ruolo fondamentale doveva essere anche l'ingegneria del suono. Non ci sono più soltanto i musicisti con i loro strumenti in sala di registrazione ma tutta una serie di tecnologie innovative (ovviamente in questo caso parliamo del 1973) che avrebbero consentito, facendone un adeguato uso, di esprimere al meglio i concetti e i sentimenti che i compositori desideravano.
The Dark Side Of The Moon è considerato tutt'ora uno degli album più innovativi da questo punto di vista.
I Pink Floyd si sono sempre contraddistinti per la loro vitale esigenza di coniugare l'espressione del concetto a quello della sonorità, in questo caso è stato fondamentale il contributo di un ingegnere del suono della portata di Alan Parsons.
Mai leggeri e mai scontati, in questo capolavoro i Pink Floyd attraverso la tecnologia ci trasmettono al meglio tutte quelle opprimenti sensazioni derivanti da quegli elementi che scandiscono l'esistenza di noi uomini moderni, o di una società "civilmente industrializzata". Il denaro e il tempo.
Roger Waters sappiamo essere maestro nell'esternare il dolore più profondo, e anche se in questo disco non esploderà mai quella sensazione di disagio che invece esploderà in seguito con The Wall, riusciamo comunque e profondamente a respirare gli effetti devastanti di sensazioni come il dolore, la nostalgia, la dolcezza e la ribellione.
Indimenticabile l'intima e potente espressione della cantante Clare Torry in The Great Gig In The Sky.
Lo strumento dolcezza quasi a esorcizzare l'inquietudine degli effetti provocati da tutto ciò che nella vita ci rende schiavi.
Buon ascolto.


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