18 febbraio 2009

Informazione e sua dipendenza. Illusione di verità


E’ disperante. Siamo tossicodipendenti da informazione. L’urlo che si leva dalle masse degli italiani attivi infodipendenti è sempre il medesimo: informateci, non mollate, ancora dosi, grazie! La risposta degli abili pusher è di inondare il mercato della sostanza (Tratto da Infobiotici di Paolo Barnard).

 
Siamo dipendenti da informazione?
Partendo dall'articolo di Barnard mi sono venute in mente alcune riflessioni.


Realisticamente siamo vittime dell'informazione. Questo è il mio punto di partenza.
La comunicazione di massa è uno strumento molto potente e invasivo, che riesce a condizionare molto il nostro modo di percepire la realtà, la nostra visione del mondo, il nostro sistema valoriale e tutta la serie di reazioni proveniente da stimoli.
In definitiva i media sono costruttori di stimoli.
Tanto più riescono a stimolarci secondo l'intenzione da loro progettata, tanto più noi risponderemo e saremo assuefatti a un certo tipo di stimolazione, definita, ripetuta e inimitabile.
Questa per sommi capi è la forza e la tecnica generale che sottende la produzione di senso che soggiace dietro l'operatività del costrutto mentale.
A sistematizzare il tutto c'è una logica di dipendenza, che tende a fidelizzare i propri spettatori/riceventi proiettati a un controllo sistematico delle risposte alle stimolazioni.
Da un lato questa metodologia affascina, ma allo stesso tempo inquieta.

L'informazione nello specifico, affabula attraverso l'illusione della realtà, della simultaneità tra realtà e temporalità: visione diritta.
Quello che si tende a dimenticare è la costante e necessaria mediazione del mezzo.
Ogni informazione che sia ufficiale televisiva o contro-informativa necessità di una inalienabile mediazione. In che modo poso essere garantito dalla soggetto mediatore e fino a che punto l'informazione trasmessa corrisponde alla realtà?

Avere più strumenti/tecnologia a disposizione per comunicare non ha determinato un cambiamento radicale dell'assetto sociale. Anche se è innegabile che strumenti quali internet (tecnologia originariamente militare) favoriscano e semplifichino le comunicazioni, contemporaneamente amplificano i rischi di falsificazione, strumentalizzazione, dipendenza.

In che modo allora è possibile comunicare evitando i rischi di intossicazione?

Una risposta definitiva e sintetica è impossibile. Proverei a esplicitare alcuni passaggi da tenere a mente quando si è un ricevitore di informazioni.

1) Non esiste una verità assoluta. Il criterio di oggettività risponde a una serie di parametri stabiliti dall'intelletto umano. L'oggettività a mio avviso è più un canone comunicativo che una effettiva garanzia di verità.

2) Non credo ormai più a una informazione buona che contrasta una informazione cattiva. La contro-informazione mi desta molti dubbi. Ricordo che nella storia dell'umanità tutti i divulgatori di conoscenze onesti sono stati tempestivamente soppressi dalla faccia della terra. Un giornalista oggi è un divulgatore di opinioni, non rintraccia quasi mai notizie e mai è produttore di conoscenza.

3) L'informazione non è qualcosa che si trova a buon mercato su internet o in uno scaffale del supermercato. L'informazione richiede impegno, fatica e controlli incrociati.

Allora cosa posso sapere? Cosa devo fare? Cosa posso sperare?

Passo.


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