19 luglio 2008

Paolo Borsellino. Per non dimenticare


19 luglio 1992.

Dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla scorta in via D'Amelio, a Palermo, dove vive sua madre.

Una Fiat Panda celeste imbottita con 100 chili di tritolo esplode.


Muoiono: Paolo Borsellino, Agostino Catalano (caposcorta), Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cusina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo.

L'agendina rossa di Borsellino, dove annotava i fatti più importanti, non viene ritrovata, probabilmente sottratta da qualche investigatore arrivato tra i primi sul posto.

Si compie quella che verrà chiamata la "strage di Via D'Amelio".
Sedici anni fa.
Paolo Borsellino, magistrato. Paolo Borsellino esempio di umanità.

«La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità».

Paolo Borsellino

L'ulitma intervista


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2 commenti:

  1. ricordo perfettamente quel pomeriggio. ricordo la disperazione e il senso di sconfitta, di smarrimento, di angoscia. ma quello che più mi è rimasto è il desiderio profondo e unico di pensare per due giorni l'anno di ESSERE veramente Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel momento della loro morte.
    è un insegnamento bellissimo.

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  2. Concordo pienamente. Falcone e Borsellino oltre ad introdurre il regime di carcere duro per i mafiosi e cominciare a smembrare la mafia siciliana hanno avuto, a pare mio, un merito più grande: quello di mostrare i lati oscuri della mafia stessa. In primo luogo hanno fatto vedere al mondo che la mafia è un'impresa economica, dotata di fatturati da capogiro,contabili, veri e propri revisori dei conti. Inoltre sono stati i primi che hanno svelato l'organizzazione interna delle cosche, dimostrando così che la mafia possiede tutto un tessuto sociale al suo interno che la rende quasi uno stato nello stato. Ma il loro merito più grande risiede nell'aver confermato quello che oggi sembra una verità ovvia, ma che in realtà all'epoca non era così nitida: la mafia è una dittatura e come tale si basa su un'ideologia. Attraverso la cultura dell'omertà, dell'indifferenza e dell'ignoranza la mafia trova conferma ogni giorno, è come se venisse sempre ri-eletta al potere. Per sconfiggerla ci vuole un cambiamento culturale, dal basso e dall'alto. Dal basso con una buona dose di coraggio e tanta volontà si può fare. Dall'alto è più dura, visto che forse stato e mafia non sono due soggetti del tutto poi così estranei....

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